lunedì 22 ottobre 2012

Tobruch - Diario da una buca - 8° Giorno



Mercoledì 8/10 – 1941 – XIX



Oggi giornata ottima ma nessuna novità; poiché i continui tiri dell’artiglieria nemica, che sono controbattuti dai nostri, sono ormai cosa abituale.


La maggioranza di questi proiettili non scoppiano, si trovano disseminati nella nostra zona e non facciamo altro che mettere dei picchetti vicino, per farli individuare agli autisti.


Un ricognitore nemico si è fatto vedere ed è fuggito appena ha udito il rombo di uno Stukas che è sopraggiunto poco dopo.


La serata è buia, la luna non si vede ancora, più tardi uscirà, sebbene sia in vacanza.

mercoledì 3 ottobre 2012

Tobruch - Diario da una buca - 7° Giorno




Martedì 7/10 – 1941 – XIX




Il ronzio degli aerei fora dalle feritoie, sembra una farfalla impazzita rinchiusa in una cella claustrale.


Esco dalla buca, d’intorno il silenzio si allarga oltre il limite del mio sguardo.


Da lontano un rombo di cannone sembra il richiamo ad una realtà improvvisa.


Vien fatto di proporre questo silenzio di ombre cauti, poi le mitraglie ed i cannoni che tessono la notte del loro ordito di fuoco.


Proiettili da 47 che si scagliano sui carri armati quasi con un urlo umano. Le mitraglie scagliano sulla terra, di sasso e di sabbia, dei rapidi rasoi di fuoco.


L’orizzonte si imperla del fuoco dei pezzi nemici, qualche scheggia ci soffia sul viso, con respiro diabolico.


E ancora la calma; la calma dell’attesa.


Le vedette scrutano la terra ed il silenzio.


Silenzio.


Sembra impossibile questa parola.


Silenzio.


Come?


Fino a quando?


L’aria sembra ampliarsi nella sua volta notturna intorno ai nostri piccoli cuori che attendono.


lunedì 24 settembre 2012

Tobruch - Diario da una buca - 6° Giorno




Lunedì 6/10 – 1941 – XIX




Nelle ore di libertà il fante pensa a se stesso, si fa quello che gli manca e riadatta la vecchia roba abbandonata, se ne fa di nuova, con gli insegnamenti di una fantasia primitiva. Un fante napoletano si è congegnato una chitarra con i seguenti pezzi: quattro sottili fili di ferro, un’assicella, ed una vecchia borraccia aperta nel dorso.


La notte guarda dall’alto un cerchio di uomini intorno ad una mitraglia; un suo compaesano è quello che più ama cantare. Canta da solo e gli risponde il coro degli altri. Il napoletano cerca un accordo sulla sua chitarra, ma si sente un tempo privo di note. Quando tacciono si ha il senso che qualcuno seguiti a cantare di lontano, come l’aria chiuda intorno a noi un cerchio intimo d’ombra, in cui ogni sillaba serba il suono di un’altra terra.


Più tardi, disteso sul pagliericcio, il canto mi appare assottigliato come una lama sottile e stridente, già sperduto in un tempo lontano.


Mi alzo, non posso dormire. Ora che scrivo è notte e nella nostra testa la luna descrive un arco di luce. Le stelle distaccano la loro fissità luminosa da un cielo verdastro e sembrano le schegge argentee di un’immensa bomba astrale.


Scrivo ora che è notte dalla mia tenda illuminata da uno stoppino infilzato in un calamaio.


Sopra sento il passo vigile delle sentinelle; fuso, uomo ed orma, in un unico disegno d’ombra.


Intorno silenzio. I miei camerati riposano o pensano, non so.


Odo distinto il volo angosciato di una mosca in una bottiglia vuota.


Sembra che un respiro tenuissimo scorra su invisibili corde vocali.


Intanto gli sguardi delle sentinelle volano ad accendere una fiammella cauta in ogni cubo d’ombra. Dietro le loro spalle i reticolati intessono incomprensibili tele di ragno.


Al riparo delle piazzole le mitraglie fissano con oscuro occhio gelido nel loro settore di tiro.


Un occhio pronto a lampeggiare con crudele sensibilità al primo allarme.

giovedì 14 giugno 2012

Tobruch - Diario da una buca - 5° Giorno


Domenica 5/10 – 1941 – XIX



E’ l’alba. Di rado il caposaldo 19, come stamane, è in movimento; alcuni portano una cassa, altri coperte, pezzi di tavole, ecc.
I fanti domandano come va tanto movimento ed uno chiede a quelli che trasportano le casse il perché. Il compagno appaga la curiosità dicendo che si sta erigendo l’Altare per la Santa Messa, che sarà celebrata fra poco.
La nuova si sparge in un baleno per il caposaldo e tutti ormai cercano di accudire alla pulizia personale al più presto per essere presenti al rito.
Man mano che si avvicina l’ora convenuta si vedono giungere dai capisaldi vicini gruppetti di fanti che accorrono al richiamo.
L’Altare è ormai ultimato quando si sente da lontano il rumore di una motocicletta. E’ il Cappellano del nostro Reggimento che arriva.
Giunto al caposaldo il Comandante gli va incontro per riceverlo, ed entrambi si stringono la mano.
Il Cappellano, mentre si accinge ad indossare i paramenti, rivolge ai soldati, che gli fanno cerchio, affettuose parole.
Incomincia il Sacro Rito ed ogni tramestio cessa come per incanto.
Tutti sono allineati lungo il camminamento.
Si giunge alla consacrazione dell’Ostia Santa. Ognuno a fior di labbra, sommessamente, chiede al nostro Salvatore Celeste, una grazia:

“far giungere il proprio pensiero ai cari lontani, pensando che anch’essi, nella chiesa del paese, in quella stessa ora rivolgono con fervore la preghiera, affinché il Signore faccia ritornare sano e vittorioso il caro lontano, al servizio della nobile causa per la grandezza della Patria.”

Il rito è finito, il Cappellano incomincia la preghiera per il Re Imperatore e tutti scattano come molle sull’attenti.
Al termine si formano alcuni gruppetti di amici che, per l’occasione, si ritrovano e si scambiano i saluti.
Ora il sole sfolgora come in un quadro magistralmente pennellato.
Il Cappellano, tolti i paramenti sacri, saluta il Comandante, rimonta sulla moto e si allontana.
Tutti guardano come se si fosse allontanato qualche cosa di loro.





Tobruch - Diario da una buca - 4° Giorno


                                                       



Sabato 4/10 – 1941 – XIX


L’alba incomincia appena a sorgere, la pattuglia che attenta ha vigilato tutta la notte si dispone a rientrare, quando un ronzio sempre più insistente attira l’attenzione degli informatori.


A questo rumore essi si apprestano mentre alcuni razzi vengono lanciati da due sagome metalliche nemiche che si dirigono verso le nostre linee. Dato l’allarme arrivano i nostri rinforzi che aprono un nutrito fuoco contro i carri e li volgono in fuga; allontanando così l’imminente pericolo.

sabato 19 maggio 2012

Tobruch - Diario da una buca - 3° Giorno



Venerdì 3/10 – 1941 – XIX

Questa mattina appena scosso dal torpore del sonno, una mano svogliata passa sulle mascelle sbadigliando; ed ecco che fa l’amara constatazione di avere la barba lunga. Amara constatazione può sembrare un’espressione scamiciata per chi vive dove, ad ogni passo, può trovare un salone pieno di specchi e di poltrone. Ma in piena Marmarica è logico che l’amara constatazione non possa certo rallegrare lo spirito. Le mani morbide ed esperte dei barbieri che sanno accarezzare le guance per togliere il pelo superfluo di chi al mento non vuole proprio rendere onor, non sono che ricordi.
Ma qui, come a tutto, si rimedia anche a questo.
Infatti, ecco il barbiere.
Buongiorno caporal maggiore!
Salve farabutto!
Il barbitonsore ha un piccolo sgabello basso con una cassettina contenente i ferri e che sembra un salvadanaio, un asciugatoio da bagno, un tempo bianco coi timbri di fabbricazione; ora di tinta indefinita e coperto di gloriosi strappi.
Per scusarsi mi racconta l’aneddoto di “Bandiera vecchia onor di Capitano”.
Tutti ciarlieri questi distruttori di virilità maschili. Dalla cassettina magica esce allora una scatoletta di carne (1939) vuota, con un indovinato strato di ruggine, in cui versa un po’ d’acqua (salata); poi compare un pennello, spelacchiato come i fianchi scarni del cavallo di Don Chisciotte, ed un rasoio dall’apparenza ottima, ma dalla lama già più volte gloriosamente mutilata.
Il momento critico si avvicina e con più rassegnazione mi accomodo alla meglio su quel piccolo sgabello troppo debole per ispirare fiducia. L’operazione ha inizio col solito rituale sospiro che esce spontaneo ad ognuno.
Il pennello volteggia sul viso. Cerca di far produrre la schiuma al sapone.
Poco dopo la lama di acciaio entra in azione, comincia a brillare al sole con scintille che sembrano di odio; si abbassa, produce il primo sforzo, stronca peli a metà; alcuni li sradica, altri gli resistono validamente.
Allora si concede un attimo di tregua, poi ritorna alla carica, stringe i denti e falcia più volte finché, coperta da glorioso sangue, passa vittorioso con uno stridio che fa lacrimare gli occhi.
L’operazione (dell’alta chirurgia) è ormai finita.
Impassibile il barbiere di compagnia depone i suoi ferri di tortura, getta via l’acqua, ora rossastra, chiude la cassetta e saluta.
Arrivederci maggiore!
Addio giustiziere!
Per tre giorni allora il mio spirito ridiventerà allegro e ottimista.

Caporal Maggiore Carmine Peluso



domenica 22 aprile 2012

Tobruch - Diario da una buca - 2° Giorno



Giovedì 2/10 – 1941 – XIX

Una brusca telefonata attraverso mille viziosi rigiri è una triste verità, la linea con il caposaldo 3 non funziona!
Scalogna bulgara! Proprio adesso che quelli stanno sparando! Possibile che io debba essere tanto sfortunato? Arriva una pillola e…tac! Va proprio a finire sul filo telefonico. E dire che di spazio c’è né a profusione, ci sono infinite linee che non mi riguardano…… nossignori! Bisogna proprio che vada a cadere sulla mia linea. Dannati inglesi! Badate che non ve la faccia pagare tutte in una sola volta!
Ecco il rabbioso soliloquio del soldato telefonista del Comando.
Ha ragione, ha cento ragioni. E’ incaricato del mantenimento di quella disgraziata linea, quindi non ha tutti i torti a prendersela con la disdetta e, più che altro. con quei puzzoni che la tormentano.
Ed adesso ecco che gli tocca di partire. Ha con se il fedele “trova linee” e due “giannizzeri” che non l’abbandonano mai. Più che mai guardingo si incammina lungo l’interminabile striscia nera che giace inusitata sulla dura pietra. La segue nei suoi oziosi serpeggiamenti; le prodiga le cure necessarie all’integrale suo ripristinamento.
Perbacco! Come l’hanno tartassata! Guarda guarda sembra quasi rosicchiata dai topi!
Una fasciatura qua una là e, finalmente, l’ultima.
Oh! Adesso la linea funziona, possiamo ritornare.
Imbaldanzito dalla buona riuscita del lavoro eccolo in viaggio di ritorno. Ha un passo più spigliato, più sicuro e.. allegro. Sicuramente non sa che la scheggia gli sta giocando un altro tiro beffardo. Non ha ancora fatto un centinaio di passi che una tempesta di fuoco lo raggiunge.
Che Fare? Una corsa e un tuffo a pesce.
Dietro di lui altri due tuffi.
Per qualche minuto continuano sibili di schegge che mordono l’aria.
Poi silenzio. Scompare il fumo, la nebbia si dirada e l’ambiente ritorna normale. Solo i nostri tre eroi sono un pochino cambiati. Brontolano, imprecano, danno in smanie, l’hanno con quelle canaglie che si sono fermate proprio in quella buca per liberarsi di qualche peso ingombrante. Si guardano in faccia. Camicia, calzoni, bustina, ecc… sono un trionfo unico di medaglie.
Ah che scena. Una risata chiude la parentesi. La comunicazione esiste.
Ciò mi basta - dice il telefonista.

Caporal Maggiore Carmine Peluso