Mercoledì 22/10 – 1941 – XIX
Il
sole tramonta in un limbo di sfumate luci vermiglie sullo sfondo coriaceo della distesa Marmarica.
Le
opposte artiglierie si scambiano gli ultimi fragorosi saluti della giornata.
Si
accendono i gemmati lumi della notte e, per le vie stellari, si lanciano in
opposte direzioni i bolidi rombanti.
Puntate
ad est, dal suono ampio e squillante.
Tonfi
di bombe sulla città assediata.
Bianchi
lampeggi delle granate, sciabolate di riflettori da terra, e lampioncini appesi
al drappo azzurro dall’alto.
Parabole
graziose e pittoresche, anelanti fontane di luce dei proiettili traccianti.
Nell’ampia
cerchia che fronteggia il vallo degli assediati, fra gli uadi e le dune
sabbiose, affacciato ai margini dei ciglioni aggrottati, aggrappato alle quote
vittoriose e bruciacchiate, veglia il fante paziente e tenace, accanto alla sua
arma.
Il
fante che balzerà ardito e vibrante quando Dio vorrà che la veglia d’armi sia
compiuta.
Vigila
il fante, uscito dalle buche che hanno offerto il duro giaciglio ed il fragile
riposo nell’afosa giornata, quando il sibilo del vento si trascina il codazzo
della polvere nella scia infuocata.
Le
pupille fisse oltre il reticolato, sogna il fante incantato.
Sognano
i cuori ed aspettano il dì beato.
Balzeranno
allora nuovi paladini, sotto il rovente arco di fuoco, i fanti d’Italia, per
afferrare alla gola il pestifero mostro britannico.
Libera
dalle catene sorgerà luminosa e spiccherà il gran volo la Vittoria Africana.
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