mercoledì 16 gennaio 2013

Tobruch - Diario da una buca - 11° Giorno



Sabato 11/10 – 1941 – XIX




Fin da ieri sera si era in allarme, tenersi pronti, bisogna avanzare ed occupare alcuni capisaldi.

Questa notte alcuni aerei nemici sorvolavano le nostre posizioni. Intervenuta la nostra caccia li ha dispersi.

Sono stati dati i segnali convenuti; si inizia l’avanzata, scalchiamo le nostre trincee, siamo cauti non facciamo rumore.

Dobbiamo sorprendere; a circa duecento metri ci accoglie un nutrito fuoco di mitragliatrici.

Nessuno ha ordine di sparare se non quando si è sulle posizioni. Per noi risponde la nostra artiglieria che fa tacere le mitragliatrici nemiche.

Sono le due e quaranta, si inizia di nuovo la marcia di avvicinamento.

Dopo venti minuti siamo sulle posizioni nemiche. Non troviamo nessuno.

Hanno subodorato la nostra avanzata ed avuto fifa se la son data a gambe. Hanno fatto un'altra ritirata strategica lasciando nelle nostre mani, ormai, munizioni ed indumenti personali.

Prendiamo il caposaldo, lo si mina, lo si circonda di fil di ferro spinato.

In tutta la giornata abbiamo avuto tre allarmi aerei.


Caporal Maggiore Carmine Peluso


venerdì 14 dicembre 2012

Tobruch - Diario da una buca - 10° Giorno



Venerdì 10/10 – 1941 – XIX



Oggi una giornata piena di sole che subito ha asciugato la sabbia dall’umidità di questa notte.

Le artiglierie, da ambo le parti, tirano.

Dei proiettili fischiano sopra la mia testa.

Alle sedici e venticinque stavo a guardare verso Tobruch dall’alto del ciglione. Sento degli aerei; sono nemici.

Mentre ritorno, per andare alla buca rifugio, sento sulla mia testa il classico fischio delle bombe sganciate. Faccio appena in tempo a buttarmi a terra che sento tre scoppi; poi altre bombe cadono ed io di nuovo a terra; questa volta ne son sei.

Le schegge fischiano alle mie orecchie e sono avvolto dal fumo e dalla polvere. Mi guardo se son ferito; per fortuna salvo.

Non abbiamo subito danni, solo due feriti leggeri e tre bombe non sono esplose.

Una quarta, all’urto con la terra, si è aperta senza esplodere; è stato una fortuna poiché è caduta nei pressi della cucina truppa ed era ora di rancio.

Tutta la sera continua l’artiglieria.









mercoledì 7 novembre 2012

Tobruch - Diario da una buca - 9° Giorno



Giovedì 9/10 – 1941 – XIX




Scendevano le tenebre. Il fronte era calmo.

La luna, man mano che i raggi stanchi del sole andavano scomparendo tra le nuvole rossastre, splendeva più candida.

Unico elemento contrario, alla quiete di questa sera, è il vento che, ad ondate gelide, viene da Tobruch ingrata colpendoci il collo.

Il fante veglia.

Ad un tratto appare il nemico, amico di satana e delle tenebre perché tenebroso è il suo animo.

Ruggisce nella gabbia, per imitare il leone, con le sue artiglierie.

Bagliori e boati riempiono l’atmosfera.

Il fante tende le orecchie, stringe le mascelle, si aggrappa alla mitraglia, e questa, intuito i suoi pensieri, interpretato i desideri del padrone, sgrana lungo e terribile il suo rosario di morte.

Il cannone, più grande e più lento di essa, percepito la sua voce, accompagna il suo canto con accordi e battute intonate.

Le ombre, pavidi nemici, alleggeritesi delle armi, ballano il “passo doppio” nella sala sconfinata del deserto.

Non si danno a giri vorticosi, non creano alibi, ma tagliano la corda, scomparendo nelle recondite grotte del retro sala.



lunedì 22 ottobre 2012

Tobruch - Diario da una buca - 8° Giorno



Mercoledì 8/10 – 1941 – XIX



Oggi giornata ottima ma nessuna novità; poiché i continui tiri dell’artiglieria nemica, che sono controbattuti dai nostri, sono ormai cosa abituale.


La maggioranza di questi proiettili non scoppiano, si trovano disseminati nella nostra zona e non facciamo altro che mettere dei picchetti vicino, per farli individuare agli autisti.


Un ricognitore nemico si è fatto vedere ed è fuggito appena ha udito il rombo di uno Stukas che è sopraggiunto poco dopo.


La serata è buia, la luna non si vede ancora, più tardi uscirà, sebbene sia in vacanza.

mercoledì 3 ottobre 2012

Tobruch - Diario da una buca - 7° Giorno




Martedì 7/10 – 1941 – XIX




Il ronzio degli aerei fora dalle feritoie, sembra una farfalla impazzita rinchiusa in una cella claustrale.


Esco dalla buca, d’intorno il silenzio si allarga oltre il limite del mio sguardo.


Da lontano un rombo di cannone sembra il richiamo ad una realtà improvvisa.


Vien fatto di proporre questo silenzio di ombre cauti, poi le mitraglie ed i cannoni che tessono la notte del loro ordito di fuoco.


Proiettili da 47 che si scagliano sui carri armati quasi con un urlo umano. Le mitraglie scagliano sulla terra, di sasso e di sabbia, dei rapidi rasoi di fuoco.


L’orizzonte si imperla del fuoco dei pezzi nemici, qualche scheggia ci soffia sul viso, con respiro diabolico.


E ancora la calma; la calma dell’attesa.


Le vedette scrutano la terra ed il silenzio.


Silenzio.


Sembra impossibile questa parola.


Silenzio.


Come?


Fino a quando?


L’aria sembra ampliarsi nella sua volta notturna intorno ai nostri piccoli cuori che attendono.


lunedì 24 settembre 2012

Tobruch - Diario da una buca - 6° Giorno




Lunedì 6/10 – 1941 – XIX




Nelle ore di libertà il fante pensa a se stesso, si fa quello che gli manca e riadatta la vecchia roba abbandonata, se ne fa di nuova, con gli insegnamenti di una fantasia primitiva. Un fante napoletano si è congegnato una chitarra con i seguenti pezzi: quattro sottili fili di ferro, un’assicella, ed una vecchia borraccia aperta nel dorso.


La notte guarda dall’alto un cerchio di uomini intorno ad una mitraglia; un suo compaesano è quello che più ama cantare. Canta da solo e gli risponde il coro degli altri. Il napoletano cerca un accordo sulla sua chitarra, ma si sente un tempo privo di note. Quando tacciono si ha il senso che qualcuno seguiti a cantare di lontano, come l’aria chiuda intorno a noi un cerchio intimo d’ombra, in cui ogni sillaba serba il suono di un’altra terra.


Più tardi, disteso sul pagliericcio, il canto mi appare assottigliato come una lama sottile e stridente, già sperduto in un tempo lontano.


Mi alzo, non posso dormire. Ora che scrivo è notte e nella nostra testa la luna descrive un arco di luce. Le stelle distaccano la loro fissità luminosa da un cielo verdastro e sembrano le schegge argentee di un’immensa bomba astrale.


Scrivo ora che è notte dalla mia tenda illuminata da uno stoppino infilzato in un calamaio.


Sopra sento il passo vigile delle sentinelle; fuso, uomo ed orma, in un unico disegno d’ombra.


Intorno silenzio. I miei camerati riposano o pensano, non so.


Odo distinto il volo angosciato di una mosca in una bottiglia vuota.


Sembra che un respiro tenuissimo scorra su invisibili corde vocali.


Intanto gli sguardi delle sentinelle volano ad accendere una fiammella cauta in ogni cubo d’ombra. Dietro le loro spalle i reticolati intessono incomprensibili tele di ragno.


Al riparo delle piazzole le mitraglie fissano con oscuro occhio gelido nel loro settore di tiro.


Un occhio pronto a lampeggiare con crudele sensibilità al primo allarme.

giovedì 14 giugno 2012

Tobruch - Diario da una buca - 5° Giorno


Domenica 5/10 – 1941 – XIX



E’ l’alba. Di rado il caposaldo 19, come stamane, è in movimento; alcuni portano una cassa, altri coperte, pezzi di tavole, ecc.
I fanti domandano come va tanto movimento ed uno chiede a quelli che trasportano le casse il perché. Il compagno appaga la curiosità dicendo che si sta erigendo l’Altare per la Santa Messa, che sarà celebrata fra poco.
La nuova si sparge in un baleno per il caposaldo e tutti ormai cercano di accudire alla pulizia personale al più presto per essere presenti al rito.
Man mano che si avvicina l’ora convenuta si vedono giungere dai capisaldi vicini gruppetti di fanti che accorrono al richiamo.
L’Altare è ormai ultimato quando si sente da lontano il rumore di una motocicletta. E’ il Cappellano del nostro Reggimento che arriva.
Giunto al caposaldo il Comandante gli va incontro per riceverlo, ed entrambi si stringono la mano.
Il Cappellano, mentre si accinge ad indossare i paramenti, rivolge ai soldati, che gli fanno cerchio, affettuose parole.
Incomincia il Sacro Rito ed ogni tramestio cessa come per incanto.
Tutti sono allineati lungo il camminamento.
Si giunge alla consacrazione dell’Ostia Santa. Ognuno a fior di labbra, sommessamente, chiede al nostro Salvatore Celeste, una grazia:

“far giungere il proprio pensiero ai cari lontani, pensando che anch’essi, nella chiesa del paese, in quella stessa ora rivolgono con fervore la preghiera, affinché il Signore faccia ritornare sano e vittorioso il caro lontano, al servizio della nobile causa per la grandezza della Patria.”

Il rito è finito, il Cappellano incomincia la preghiera per il Re Imperatore e tutti scattano come molle sull’attenti.
Al termine si formano alcuni gruppetti di amici che, per l’occasione, si ritrovano e si scambiano i saluti.
Ora il sole sfolgora come in un quadro magistralmente pennellato.
Il Cappellano, tolti i paramenti sacri, saluta il Comandante, rimonta sulla moto e si allontana.
Tutti guardano come se si fosse allontanato qualche cosa di loro.